Iniziazioni agli Antichi Misteri

(pubblicato sulla Rivista Rosa+Croce, Primavera 2002)

L’iniziazione si basa su due qualità umane intangibili. La prima è l’analisi di sé. In ragione di un intenso bisogno di considerarsi, analizzarsi e analizzare l’ambiente che lo circonda, l’uomo impara a operare nel mondo, e in questo modo contribuisce all’avanzamento dell’umanità e al progresso della società. La maggior parte delle possibilità naturali dell’uomo risiede già in lui. Con questi poteri porta a compimento varie opere nella vita, tuttavia non ha un’idea precisa di quale sia la loro sorgente. Assomiglia a un individuo perso in una grande foresta che, disperato, si siede su di un forziere del quale non si dà mai la pena di esaminare il contenuto. Il tempo passa e il suo bisogno di mangiare, bere e proteggersi dagli elementi cresce. Se solo aprisse il forziere sul quale è seduto, probabilmente potrebbe soddisfare tutti i suoi bisogni.

Facciamo un’altra analogia: l’uomo comune somiglia all’individuo che, su una collina, si appoggia a una roccia lamentandosi della sua sorte e della mancanza di possibilità di migliorare la sua condizione; la roccia, tuttavia, potrebbe dargli una risorsa minerale che gli procurerebbe una grande ricchezza, ma a causa della sua ignoranza e della mancanza di curiosità non lo sa.

L’analisi di sé tuttavia fa più che svelare le nostre possibilità. Rivela anche i nostri limiti, le cose che non siamo ancora in grado di compiere. Mostra fino a che punto siamo lontani da quegli ideali che riconosciamo come lo stato di perfezione. Indica con precisione i punti da migliorare. L’analisi di sé deriva dalle nostre esperienze personali e da quelle che ci sono state raccontate dagli altri. Attraverso di esse, facendo appello alla ragione, scopriamo la nostra forza e le nostre debolezze. Possiamo dire perciò che la ragione è il fattore fondamentale soggiacente all’analisi di sé.

L’iniziazione ha anche la sua fonte in una seconda qualità: l’aspirazione. L’aspirazione è formata dalle sensazioni e dai desideri dell’io in opposizione alle passioni del corpo. Si soddisfa nella realizzazione di un bisogno o di un ideale prefissato. Mentre nell’analisi di sé la ragione ci rivela cosa in noi fa difetto, l’aspirazione ci obbliga a cercare la risposta a questo bisogno e a elevarci oltre il nostro stato attuale.

Di conseguenza, qualsiasi rito o cerimonia, qualunque sia la forma o il modo in cui è condotto, è una vera iniziazione se provoca i seguenti effetti: indurci all’introspezione, ossia farci guardare all’interno di noi stessi, generare in noi ispirazione e idealismo, richiederci un impegno sacro o una promessa - a noi stessi o agli altri - di cercare di realizzare le nostre aspirazioni.

Etimologicamente, iniziazione deriva dal termine latino initium: è dunque il passo iniziale di un processo di preparazione, di un apprendimento. L’efficacia di questo apprendimento dipende da tre elementi fondamentali. Innanzitutto dall’efficacia o dal potere dell’istruzione ricevuta. Un insegnamento possiede la forza della tradizione che l’ha formulato. In altre parole, il suo valore dipende dall’autorevolezza della fonte da cui proviene.

In secondo luogo, chi riceve l’insegnamento, qualunque sia la sua efficacia, deve esserne degno. In caso contrario non riuscirebbe a farne buon uso.

Terzo, affinché questi insegnamenti siano benéfici, sono importanti alcune condizioni, relative in particolare al tempo e al luogo. Gli insegnamenti profondi non possono essere ricevuti in un momento qualsiasi. Per la loro assimilazione sono essenziali una meditazione e delle circostanze adeguate, altrimenti si tratterebbe di un seme che cade in un suolo sterile.

Per gli Antichi c’era anche un altro fattore importante. Ritenevano che fosse necessario separare l’insegnamento dato durante le iniziazioni dal mondo profano, ossia dalle masse. In altre parole, era essenziale il segreto. La ragione era che l’uomo comune, senza immaginazione o aspirazione, non poteva comprendere quanto gli veniva offerto. Non era pronto e avrebbe potuto profanare quella che doveva essere una verità sacra. Si dice anche che gli insegnamenti dell’iniziazione fossero riservati a pochi rari eletti scelti quali depositari di tale conoscenza. Di conseguenza si doveva essere invitati, ai misteri. Con questo termine veniva indicato il contenuto dell’iniziazione: i Misteri erano le leggi e i precetti trasmessi.

I Misteri celebrati dalle società primitive si svilupparono in due distinte categorie, delle quali ritroviamo tracce oggi nella maggior parte delle iniziazioni di numerosi ordini o fraternità, anche se i candidati moderni non le riconoscono. La prima categoria è la cerimonia attraverso la quale un individuo o un gruppo di individui conferiva un potere ad un altro individuo per uno scopo definito. Per esempio, lo sciamano o l’angakok, come venivano chiamati i guaritori delle tribù esquimesi, trasmettevano agli iniziati, durante le cerimonie, delle formule magiche che li rendevano possessori di un potere: far cadere la pioggia, far germogliare la mietitura o aumentare la fertilità della terra. Secondo lo sciamano il potere di fare queste cose era trasmesso materialmente, per esempio attraverso amuleti. Nel corso della cerimonia, lo sciamano dava al candidato una pietra levigata e lucidata, oppure una piuma di colore vivo ritenuta in possesso dei poteri magici necessari.

La seconda categoria di iniziazione primitiva consisteva in cerimonie che facevano parte integrante della vita sociale delle tribù. Questa categoria era di gran lunga la più importante. Una semplice spiegazione è che nella società primitiva o tribale le persone della stessa età o sesso avevano in genere gli stessi interessi, le stesse occupazioni e gusti simili. C’era dunque una tendenza a raggruppare le varie classi secondo le loro funzioni, capacità o incapacità. I vecchi erano in un gruppo, i giovani in un altro, quelli senza figli, i celibi, i malati o i deformi in altri gruppi ancora. L’uomo primitivo pensava che il passaggio da un gruppo all’altro producesse sull’individuo alcuni effetti.

Naturalmente la maggior parte dei cambiamenti dipendeva da cause fisiologiche: ad esempio era l’avvento della pubertà a far diventare uomo un ragazzo, o nel caso della donna era la gravidanza a determinare certi cambiamenti psicologici. Si pensava tuttavia che quando un ragazzo raggiungeva la virilità fosse necessario conferirgli al tempo stesso il “potere” di diventare uomo. Si celebravano perciò delle cerimonie per iniziare l’individuo al suo nuovo status nella società o gli si spiegavano le nuove funzioni e poteri che si riteneva avesse acquisito.

Solo molto più tardi si fece una distinzione tra i gruppi specializzati di lavoratori nelle professioni, arti e mestieri altamente sviluppati da una parte e gli operai comuni dall’altra. Gli artigiani desideravano proteggere i segreti della loro professione. Per questo formarono delle gilde o corporazioni nelle quali si entrava per iniziazione. A titolo d’esempio, nel XIII secolo, numerose città dell’Italia settentrionale erano degli stati sovrani indipendenti da tutti i punti di vista. Ogni città, circondata da un certo territorio, era un mondo a sé stante. Spesso erano ostili tra loro e ognuna aveva il proprio esercito; se erano costiere avevano la propria marina. Venezia e Firenze sono esempi noti di questi stati.

Nel corso di quel periodo, Venezia divenne celebre per il vetro, superando di gran lunga per la qualità delle sue lavorazioni il resto del mondo. I segreti del soffiaggio del vetro furono dapprima trasmessi da padre in figlio, poi, con l’aumentare della richiesta, fu necessario aumentare la produzione e iniziare altre persone ai segreti del mestiere. L’apprendista, così, divenne un neofita. Veniva iniziato al soffiaggio del vetro, e doveva giurare di non rivelare i segreti al profano.

Oggi, nella nostra società moderna, abbiamo alcuni riti che equivalgono alle iniziazioni pubbliche e che integrano il principio della trasmissione del potere. Ad esempio, il cittadino medio che ricerca certi privilegi legali, deve partecipare a delle cerimonie che equivalgono ad un’iniziazione sociale. Il matrimonio è una di queste. Si tratta di un diritto conferito a due individui tramite una cerimonia che equivale all’iniziazione. Lo stesso si può dire per l’adozione. La persona che desidera diventare cittadino di un altro paese, deve passare una cerimonia nella quale gli sono trasmessi i poteri della cittadinanza.

Anche l’iniziazione, come tutto il resto, ha seguito un processo d’evoluzione, e l’uomo ha continuato a ricercare in essa dei vantaggi, in un primo tempo solo materiali o fisici, ma successivamente anche morali. Mediante l’iniziazione l’uomo desiderava stabilire migliori rapporti con gli déi. Sperava di imparare come calmarli, come ottenere il loro favore; sperava di capire cosa si aspettavano da lui e quali comportamenti fossero giusti o virtuosi. Questa conoscenza gli era rivelata sotto forma di drammi rituali, cioè di iniziazioni che consistevano in rappresentazioni sacre. Il candidato ne era il protagonista, o in ogni caso assumeva un ruolo che gli consentiva di sperimentare stati d’animo particolarmente rivelatori o di esprimere desideri e formulare promesse.

Per ricevere queste iniziazioni, il candidato doveva mostrarsi degno di conoscere i Misteri, e doveva spesso passare per una fase di preparazione morale. Nella Grecia antica, per esempio, tutti gli spergiuri, i traditori e i criminali erano esclusi dalle iniziazioni ai Misteri. L’antico Egitto aveva un metodo ancora più selettivo: solo i chiamati potevano partecipare alle cerimonie. Una di queste, il Tribunale di Osiride, aveva lo scopo di rivelare come il dio Osiride, nel suo tribunale celeste, pesasse l’anima degli uomini per determinare se erano degni di entrare nell’altra vita. Solo coloro che erano giudicati degni di partecipare a questa cerimonia venivano chiamati.

La struttura della maggior parte delle iniziazioni, specialmente delle iniziazioni ai Misteri del passato e di numerose iniziazioni esoteriche attuali, segue quattro forme definite. Tutte presentano questi quattro elementi principali, anche se l’attività e la funzione reali sono differenti.

La prima forma è conosciuta col nome di rito della separazione. Si fa sapere al candidato o neofita che subirà una transizione dell’anima, ovvero che attraverso i riti e i simboli della cerimonia sarà indotto a prendere coscienza che il suo sistema di vita è destinato a cambiare, che abbandonerà i vecchi pensieri, preparandosi a qualcosa di nuovo e di diverso. Nel corso di questo rito della separazione, che suggerisce il cambiamento da una vita vecchia ad una nuova, è possibile che gli venga detto che dovrà separarsi, per un certo tempo, dalla famiglia e dalle precedenti relazioni. Può dover fare voto di celibato, ossia promettere di rimanere celibe fino ad una certa età. Può ricevere la richiesta di isolarsi dal mondo esterno per un breve periodo di tempo. In altre parole può dover diventare un anacoreta e vivere solo, in meditazione in un luogo deserto, finché raggiunge un determinato livello dello sviluppo. Oppure può dover mascherare in un certo modo la sua personalità e condurre una vita semplice. Durante questo rito può essere sottoposto a una sepoltura simbolica, ovvero essere disteso in un baule o in una bara per mostrare che ha annullato il suo passato e ha lasciato dietro di sé tutti i vecchi modi di vivere e pensare.

La seconda forma è il rito dell’ammissione. Per mezzo dell’iniziazione il candidato viene portato a comprendere che entra in un piano di pensiero e coscienza superiore. Questo rito può suscitare l’impressione di nascere di nuovo sul piano del pensiero e della vita. Una rappresentazione simbolica di questo passaggio prevede che l’iniziando venga fatto coricare a terra, e poi alzato in ginocchio e, infine, in piedi, come se stesse crescendo. Può anche essere previsto il passaggio da una stanza buia a una fortemente illuminata, a simbolizzare l’uscita dal vecchio mondo di superstizioni e paure, che si ritiene abbia lasciato dietro di sé, ad un mondo di pace e di nuova saggezza.

Una tale ammissione simbolica in un nuovo mondo talvolta prende la forma di quello che è conosciuto come il rito della deambulazione circolare. Consiste nel disegnare un cerchio sul pavimento del tempio o nel luogo dove si svolge l’iniziazione, ponendovi il candidato al centro. Intorno al primo cerchio ne viene tracciato un secondo, più grande, nel quale si pongono delle candele accese. A questo punto si toglie al candidato la maschera che gli copre gli occhi ed egli deve attraversare o varcare la linea che separa i due cerchi. Ciò rappresenta una transizione da un mondo limitato ad uno illimitato o illuminato.
Platone, riferendosi alle iniziazioni ai misteri del suo tempo dice: “La morte è un’iniziazione”. Voleva dire con questo che la morte consiste semplicemente in un cambiamento o processo di iniziazione, mediante il quale lasciamo la nostra attuale esistenza per entrare in un nuovo regno.

La terza forma è conosciuta sotto il nome di manifestazione di effetti sacri. Durante questa parte della cerimonia di iniziazione si rivelano al candidato dei segni che rappresentano verità, precetti, nomi dei gradi che ha superato o che supererà e il simbolismo dell’ordine.

La quarta ed ultima struttura è il rito del rientro, ovvero la parte della cerimonia durante la quale il candidato viene invitato a rendersi conto che ritorna al mondo fisico e profano da dove è partito. Gli si insegna che in ragione dell’esperienza che ha vissuto, quando ritornerà all’esistenza, le circostanze non saranno più completamente le stesse. In genere è obbligato, in qualche misura, a cambiare le condizioni della propria vita quotidiana per mettersi in risonanza al livello dell’ideale che gli è stato rivelato durante l’iniziazione. Inoltre, durante questi riti di rientro, gli si conferisce un segno distintivo, qualcosa di fisico, che rappresenta il grado raggiunto. Sebbene egli viva di nuovo tra i profani, da questo segno si può capire che ha acquisito alcuni privilegi.

Ad esempio ogni vero musulmano, se ne ha la possibilità durante la sua esistenza, cercherà di andare alla Mecca per entrare nel recinto sacro della Kaaba e assistere ai sacri riti. È un viaggio difficile. Il fedele deve recarvisi partecipando ad una carovana oppure organizzando la propria se sufficientemente ricco. Se raggiunge La Mecca, al ritorno ha il diritto di portare intorno al copricapo o fez quello che volgarmente viene chiamato “cordone bianco”, a indicare che ha fatto il viaggio ed è stato debitamente iniziato alla Visione Sacra.

Sappiamo da fonti esoteriche che gli antichi Esseni, dopo la loro iniziazione, indossavano, al ritorno nella società, abiti bianchi. Il bianco era il simbolo della purezza che avevano conosciuto e di cui avevano fatto esperienza durante la loro iniziazione, e ricordava i loro nuovi obblighi e la trasformazione che si riteneva fosse avvenuta nella loro coscienza.

Consideriamo ora nella loro totalità alcune delle antiche iniziazioni o, come erano chiamate, misteri.

La più antica di tutte è forse il ciclo di Osiride o dei Misteri Osiriaci. Venivano chiamati così perché trattavano la nascita, la vita, la morte e la rinascita di Osiride. In questi misteri fu presentata per la prima volta all’uomo la dottrina dell’immortalità. Secondo la mitologia egiziana la dea Nut sposò il dio Geb. Ebbero quattro figli: due fratelli, Osiride e Seth e due sorelle, Iside e Nephtys. Secondo la leggenda a Osiride furono affidate tutte le terre dell’Egitto. Si comportò da divinità veramente munifica: si narra che istituì le leggi che permettevano agli uomini di autogovernarsi, e che trasmise loro l’arte, l’agricoltura, la tecnica dell’irrigazione e numerosi perfezionamenti che recavano agio e benessere. Insegnò anche ad adorare i loro dèi, e cioè introdusse la religione. Il mito dice che era molto amato dal suo popolo.

Seth divenne geloso dell’affetto dei mortali per Osiride, così organizzò un piano per eliminarlo. Segretamente ottenne le misure del corpo di Osiride e fece fabbricare un forziere delle stesse dimensioni. Diede poi un grande banchetto, invitando Osiride e assistendovi con settanta cospiratori. Durante la festa Seth, con fare gioioso, disse che avrebbe donato il forziere decorato a chi si fosse disteso al suo interno e avesse dimostrato di adattarsi perfettamente alle sue misure. Tutti i membri dell’assemblea, al corrente delle sue intenzioni, cercano di sdraiarsi ma, naturalmente, nessuno di loro risultò adatto a quella forma, tranne Osiride. Le sue misure corrispondevano alla perfezione, e mentre vi era disteso, i presenti si precipitarono sul cofano e lo richiusero.

Il dio Seth ordinò che fosse gettato in un affluente del Nilo; e così fu. Alla fine raggiunse il mare e arrivò sulle spiaggie di Byblos, nell’antica Fenicia. La leggenda continua dicendo che una grande pianta di erica germogliò intorno al forziere nascondendolo completamente e raggiungendo proporzioni tali da sembrare un grosso albero. Un giorno il re scopri l’albero e lo fece abbattere per farne una colonna di supporto al tetto del suo palazzo.

Iside, venuta a sapere cosa era successo al corpo di Osiride, suo marito-fratello, decise di iniziare la ricerca. Si recò a Byblos sotto mentite spoglie e alla fine ottenne l’albero d’erica; riuscì a staccare il cofano dall’albero e a riportarlo in Egitto. Depose il corpo di Osiride sulle sabbie, dove una notte Seth lo vide mentre passeggiava al chiaro di luna, e in un eccesso d’ira smembrò completamente il corpo e ne sparse le membra per tutto l’Egitto. Iside, venutane a conoscenza, pianse amaramente. Il suo dolore offrì materia a molti celebri racconti dell’antico Egitto. Cercò nuovamente di recuperare il corpo e si dice che finì col ritrovarne tutte le membra.
La cosa importante è che quando tutti i pezzi furono riuniti, ella soffiò nella bocca di Osiride che, ricevendo quel respiro, resuscitò e ridivenne un essere vivente: non di questo mondo, ma di un’altra vita, più elevata.

Il figlio Horus, più tardi, decise di vendicare la morte del padre. È interessante sottolineare che questo racconto dei due fratelli, Osiride e Seth, è la più vecchia storia del mondo. Migliaia d’anni fa in Egitto questa storia era intitolata “Il racconto dei due fratelli”. La prima traduzione fu portata a termine del famoso egittologo Charles E. Moldenke. Nel Museo Egiziano Rosacrociano di San José possediamo gran parte della collezione di questo eminente personaggio, e le note e i papiri originali della sua traduzione del celebre “Racconto dei due fratelli” si trovano nella Biblioteca di Rosicrucian Park. È interessante dal punto di vista storico considerare che la storia biblica di Caino e Abele, come ormai riconosciuto dagli studiosi di esegesi, risale probabilmente al periodo dell’esilio in Egitto, durante il quale il popolo ebraico venne in contatto con questo mito egiziano.

La leggenda di Osiride fu rappresentata come mistero specialmente nelle antiche città di Denderah e Abydos. Con lo svolgersi del dramma, i grandi sacerdoti, o Khéri-Hebs, spiegavano agli iniziati o candidati il senso di ogni sua parte. Questo dramma a volte veniva rappresentato al chiaro di luna in grandi barche sui laghi sacri. Spesso occorrevano diverse notti per assistere a tutta la cerimonia e non era concesso al candidato di vedere gli ultimi atti fintanto che non avesse perfettamente compreso i precedenti.
Veniva spiegato che Osiride rappresentava le forze creatrici della terra, la virtù e la bontà e che il fratello Seth era la manifestazione del male. Le due forze erano continuamente in conflitto nel mondo. Veniva rivelato che malgrado Osiride avesse condotto una vita buona e cercato di aiutare gli altri, non c’era stata per lui giustizia su questa terra, ma che un uomo poteva essere ricompensato per i suoi meriti anche in una vita futura. L’uomo non doveva quindi aspettarsi di ricevere in terra una giusta ricompensa per tutte le sue azioni. Alla fine veniva mostrato come Osiride fosse resuscitato e come godesse di una vita ultraterrena.

Sappiamo inoltre che per prepararsi a questa iniziazione il candidato, per un breve periodo, doveva astenersi dal cibo e dall’acqua; doveva rasarsi la testa, e che lo svolgimento o illustrazione del dramma richiedeva parecchie notti.

C’è un’altra iniziazione antica che ci interessa. È conosciuta col nome di Misteri Eleusini perché si svolgeva ad Eleusi nell’antica Grecia. Durava circa otto giorni in un periodo dell’anno che corrisponde per noi ai giorni che vanno dal 15 al 23 settembre. Questi misteri avevano due personaggi principali: Demetra e la figlia Persefone, dee dell’agricoltura. La versione più antica rappresentava le sofferenze patite da Demetra a seguito del rapimento della figlia Persefone. Successivamente, la trama fu sviluppata in modo da trasmettere conoscenze relative a ciò che succede all’uomo nell’aldilà, e da introdurre la nozione di immortalità. Ciò avveniva paragonando l’uomo alla vegetazione. Si mostrava come le piante appassiscono e muoiono durante l’inverno, ma rinascono durante la primavera che dà loro una nuova vita, un nuovo potere; esse resuscitano dalla terra in tutta la loro forza e gloria precedenti. Si insegnava che, terminati i giorni dell’uomo su questa terra, egli deve appassire per resuscitare poi nell’Eliseo, equivalente antico del paradiso.

Nelle cronache antiche si narra che i candidati dovevano percorrere a piedi una lunga distanza i per recarsi sul luogo dell’iniziazione, cioè ad Eleusi, e che dovevano camminare in fila indiana. Sappiamo anche che nel corso delle cerimonie si tracciava loro una croce a forma di tau sulla fronte, vale a dire una croce a forma di T maiuscola. Venivano consegnati loro dei ramoscelli di acacia come simbolo di immortalità, forse perché le foglie d’acacia si richiudono al tocco e poi si riaprono, rappresentando così l’alternanza della nascita e della morte.

Quali sono, ci domandiamo a questo punto, la natura e lo scopo dell’iniziazione Rosacrociana? Innanzitutto, l’iniziazione Rosacrociana, in generale, è simile nello spirito e scopo ad ogni vera iniziazione esoterica o ai misteri, benché le sue funzioni, lo svolgimento e il simbolismo siano naturalmente differenti. Ogni manoscritto d’iniziazione dell’Ordine della Rosa-Croce reca la seguente citazione: “L’iniziazione trasmette alla sfera della ragione le finalità e alla sfera dell’emozione lo spirito dell’introduzione ai misteri”. Questa frase, come vedremo, è proprio la chiave dell’Iniziazione Rosacrociana.

Le iniziazioni precedenti, quelle che abbiamo considerato, si riferivano alla sfera della ragione. In altre parole il loro scopo era di presentare all’uomo nuove conoscenze e di produrre esperienze di qualità noetica. Erano concepite per trasmettergli la conoscenza delle sue varie esistenze, dell’aldilà, della natura degli dèi, della virtù, eccetera.

Ma la ragione non è sufficiente per giungere alla padronanza dell’esistenza e l’uomo, se vuole essere felice, non ne deve dipendere unicamente ed esclusivamente. Altrimenti l’umanità si ridurrebbe a una specie di macchina calcolatrice. La giustizia, ad esempio, sarebbe soltanto un insieme di regole concepite dall’uomo, spoglie di compassione e comprensione. Quello che potremmo fare gli uni per gli altri dipenderebbe solo dalla necessità e dal calcolo. La bontà umana e la gentilezza di cuore rimarrebbero sopite.

L’Iniziazione esoterica cerca invece di far conoscere all’individuo il contenuto della sua anima. Tenta di aiutarlo ad esprimerla affinché faccia parte della sua coscienza quanto le altre cose della vita. Mira a fare dell’intelligenza dell’anima non un semplice principio filosofico o un rito in un dramma dei misteri, ma una realtà per l’uomo.

Possiamo quindi dire che l’iniziazione Rosacrociana è il processo o il metodo che permette di entrare in contatto con la coscienza interiore, di fare l’esperienza della Coscienza cosmica. L’obiettivo dell’Iniziazione Rosacrociana è il risveglio della coscienza interiore del nostro essere. Tutti possiedono questa coscienza, ma sfortunatamente nella maggior parte delle persone è addormentata. Ecco perché le Iniziazioni Rosacrociane, sin dalla loro origine, sono state concepite per fermare e guidare la coscienza oggettiva dell’uomo in modo da liberare e portare in primo piano la coscienza interiore o subliminale.

Perciò, quando sul piano oggettivo stiamo partecipando alle cerimonie Rosacrociane e ascoltiamo certi suoni vocali o bruciamo incenso, stiamo stimolando anche i nostri centri psichici e stiamo risvegliando in noi la coscienza dell’anima. Tutte queste cose creano, se volete, lo stato d’animo e la liberazione emozionale che consentono all’anima di esprimersi. E più che certo che condizioni quali la pace, il senso di umiltà e di ordine che sperimentiamo nel corso dell’Iniziazione Rosacrociana sono tanto soddisfacenti per l’anima quanto il cibo e le bevande lo sono per il corpo. L’iniziazione Rosacrociana fortifica l’Io, il vero Io Interiore, sollecitandone lo sviluppo, proprio come lo studio sviluppa e sollecita le connessioni neuronali nel nostro cervello.