Positio Fraternitatis Rosae-Crucis

Il punto di vista dell’Amorc sulla situazione mondiale all’alba del 21mo secolo

(Documento presentato dall’Imperator dell’Ordine in occasione del Convegno Mondiale di Goteborg, nel 2001, con il quale sono state rese pubbliche le posizioni dell’Amorc in merito alle condizioni in cui versa l’Umanità, ai pericoli che la minacciano, e alle speranze e gli auspici che l’Ordine formula per futuro del nostro pianeta.)

 

Positio Fraternitatis Rosae Crucis

 

Salutem Punctis Trianguli!

 

In questo primo anno del terzo millennio, sotto lo sguardo del Dio di tutti gli uomini e di ogni vita, noi, deputati del Consiglio supremo della Fraternità rosacrociana, abbiamo ritenuto che fosse giunta l’ora di accendere la quarta Fiaccola R+C, al fine di rivelare la nostra posizione sulla situazione attuale dell’Umanità e mettere in luce sia le minacce che gravitano su di essa sia le speranze che vi riponiamo.

Che sia così !

Ad Rosam per Crucem
Ad Crucem per Rosam

rcsm

 

Prologo



Caro lettore,

non potendo rivolgerci a Lei direttamente, lo facciamo attraverso questo Manifesto. Ci auguriamo che ne prenda conoscenza senza pregiudizi e che possa suscitare in Lei anche solo una riflessione. Non è nostra intenzione convincerLa della fondatezza di questa Positio; desideriamo piuttosto condividerla liberamente con Lei. Naturalmente speriamo che trovi un’eco favorevole nella Sua anima. In caso contrario, ci appelliamo alla Sua tolleranza...

Nel 1623, i Rosa-Croce tappezzarono i muri di Parigi con manifesti al contempo misteriosi ed intriganti. Eccone il testo:

«Noi, deputati del Collegio principale della Rosa-Croce, facciamo soggiorno visibile ed invisibile in questa città per grazia dell’Altissimo, verso il quale si volge il cuore dei Giusti. Mostriamo ed insegniamo a parlare senza né libri né segni, a parlare ogni sorta di lingua dei paesi in cui vogliamo essere presenti per salvare gli uomini, nostri simili, dall’errore della morte.

Se qualcuno desidera vederci per semplice curiosità, non entrerà mai in contatto con noi, ma se la volontà lo porta realmente ad iscriversi sul registro della nostra Confraternita, noi, che giudichiamo dei pensieri, gli faremo vedere la verità delle nostre promesse; per questo non indichiamo il luogo della nostra dimora in questa città, poiché i pensieri uniti alla volontà reale del lettore ci faranno conoscere a lui e lui a noi».

Alcuni anni prima, i Rosa-Croce si erano già fatti conoscere pubblicando tre Manifesti oramai celebri: la Fama Fraternitatis, la Confessio Fraternitatis e le Nozze chimiche di Christian Rosenkreutz, apparsi rispettivamente nel 1614, nel 1615 e nel 1616. A quell’epoca, i tre Manifesti suscitarono numerose reazioni, non solo da parte degli ambienti intellettuali, ma anche da parte delle autorità politiche e religiose. Tra il 1614 e il 1620, furono pubblicati circa 400 libelli, manoscritti e libri, alcuni dei quali ne tessevano l’elogio, mentre altri li denigravano. In ogni caso la pubblicazione dei Manifesti costituì un avvenimento storico importante, soprattutto nel mondo dell’esoterismo.

La Fama Fraternitatis si rivolge ai dirigenti politici e religiosi, nonché agli scienziati dell’epoca. Pur presentando un bilancio piuttosto negativo sulla situazione generale dell’Europa, essa rivela l’esistenza dell’Ordine della Rosa-Croce attraverso la storia allegorica di Christian Rosenkreutz (1378 - 1484), dal suo lungo periplo attraverso il mondo, prima di dar vita alla Fraternità rosacrociana, fino alla scoperta della sua tomba. Il Manifesto fa già appello ad una ‘Riforma Universale’.

La Confessio Fraternitatis completa il primo Manifesto, da una parte insistendo sulla necessità che l’Uomo e la società si rigenerino, dall’altra ricordando che la Fraternità dei Rosa-Croce possiede una scienza filosofica che consente di operare tale Rigenerazione. Da questo punto di vista, essa si rivolge innanzi tutto ai cercatori desiderosi di partecipare ai lavori dell’Ordine e di operare per il bene dell’Umanità. L’aspetto profetico di questo testo intrigò parecchio gli eruditi dell’epoca.

Le Nozze chimiche di Christian Rosenkreutz, in uno stile abbastanza diverso da quello dei due primi Manifesti, raccontano un viaggio iniziatico che rappresenta la ricerca dell’Illuminazione. Questo periplo di sette giorni si svolge in gran parte in un misterioso castello dove devono essere celebrate le nozze di un re e di una regina. In termini simbolici, le Nozze chimiche fanno riferimento al percorso spirituale che conduce ogni Iniziato a realizzare l’unione tra la propria anima (la sposa) e Dio (lo sposo).

Come hanno sottolineato storici, pensatori e filosofi contemporanei, la pubblicazione dei tre Manifesti non fu né anodina né inopportuna. Avvenne in un’epoca in cui l’Europa attraversava una crisi esistenziale particolarmente importante: era divisa sul piano politico e lacerata da conflitti di interessi economici; le guerre di religione seminavano la sventura e la desolazione persino nelle famiglie; la scienza cominciava a prendere slancio e si dava già un orientamento materialista; le condizioni di vita erano miserevoli per la maggior parte della gente; la società dell’epoca era in piena mutazione, ma mancava di punti di riferimento per evolvere nel senso dell’interesse generale...

La storia si ripete e mette regolarmente in scena i medesimi avvenimenti, ma su scala generalmente più ampia. Così, dopo circa quattro secoli dalla pubblicazione dei primi tre Manifesti, constatiamo infatti che il mondo intero, e in modo particolare l’Europa, si trova di fronte ad una crisi esistenziale senza precedenti, e questo, in tutti gli ambiti della sua attività: politico, economico, scientifico, tecnologico, religioso, morale, artistico, et cetera. Inoltre, il nostro pianeta, cioè la cornice entro cui avvengono la vita e l’evoluzione, è gravemente minacciato, tanto che si giustifica l’importanza di una scienza relativamente recente: l’ecologia. È evidente che l’Umanità attuale non sta bene. Per questo, fedeli alla nostra Tradizione e al nostro Ideale, noi, Rosa-Croce dei tempi presenti, abbiamo ritenuto utile dare la nostra testimonianza attraverso questa Positio.

La Positio Fraternitatis Rosae Crucis non è un saggio escatologico. Non è in alcun modo apocalittica. Come abbiamo appena detto, il suo scopo è quello di esprimere la nostra posizione sullo stato del mondo attuale e di mettere in evidenza ciò che ci sembra preoccupante per il suo avvenire. Come già fecero alla loro epoca i nostri fratelli del passato, desideriamo altresì richiamare a un maggior senso di umanesimo e di spiritualità, poiché siamo convinti che l’individualismo e il materialismo che prevalgono attualmente nelle società moderne non possano portare agli uomini la gioia a cui legittimamente aspirano. Questa Positio sembrerà probabilmente allarmista ad alcuni, ma ‘non c’è peggior sordo di chi non vuole ascoltare e peggior cieco di chi non vuol vedere’.

L’Umanità attuale è al contempo turbata e disorientata. Gli immensi progressi che ha compiuto sul piano materiale non le hanno portato la felicità e non le consentono di intravedere il futuro con serenità: guerre, carestie, epidemie, catastrofi ecologiche, crisi sociali, violazioni delle libertà fondamentali, non sono che flagelli che si oppongono alla speranza che l’Uomo aveva riposto nel suo avvenire. Per questo rivolgiamo questo messaggio a chi vorrà intenderlo. È nella tradizione di quello che i Rosa-Croce del XVII secolo espressero attraverso i primi tre Manifesti, ma per comprenderlo occorre leggere il grande libro della Storia con realismo e osservare lucidamente l’Umanità, quest’edificio di uomini e donne in via d’evoluzione.

 

Positio R+C

 

L’Uomo evolve nel Tempo, come lo fa d’altronde tutto ciò che è parte del quadro in cui vive, come pure lo stesso Universo. Si tratta di una caratteristica di tutto ciò che esiste nel mondo manifestato. Ma pensiamo che l’evoluzione dell’Uomo non si limiti agli aspetti materiali della sua esistenza, poiché siamo convinti che possiede un’anima, vale a dire una dimensione spirituale. Secondo noi, è l’anima che fa di lui un essere cosciente, capace di riflettere sulla propria origine e sul proprio destino. Per questo consideriamo l’evoluzione dell’Umanità come un fine, la Spiritualità come un mezzo e il Tempo come un rivelatore.

La Storia non è tanto comprensibile grazie agli avvenimenti che la generano o che essa genera, quanto piuttosto grazie ai legami che li uniscono. Essa inoltre ha un senso, cosa che la maggior parte degli storici attuali ammette volentieri. Per comprenderla occorre dunque prendere in considerazione gli avvenimenti, certamente in quanto elementi isolati, ma anche e soprattutto in quanto elementi di un tutto. Infatti riteniamo che un fatto sia veramente storico solo in relazione all’insieme a cui appartiene. Dissociare le due cose, o fare della loro dissociazione una morale della Storia, costituisce una truffa intellettuale. Esistono perciò delle prossimità, delle giustapposizioni, delle coincidenze o delle concomitanze che non devono niente al caso.

Come abbiamo ricordato nel Prologo, vediamo una similitudine tra la situazione attuale del mondo e quella dell’Europa del XVII secolo. Quello che alcuni già chiamano ‘postmodernismo’ ha determinato degli effetti simili in molti campi ed ha purtroppo provocato una certa degenerazione dell’Umanità. Pensiamo tuttavia che tale degenerazione sia solo temporanea e che porterà ad una Rigenerazione individuale e collettiva, a condizione beninteso che gli uomini imprimano una direzione umanista e spiritualista al loro avvenire. Se non lo fanno, saranno infatti esposti a problemi molto più gravi di quelli che devono fronteggiare attualmente.

 

Alla luce della nostra Ontologia, consideriamo l’Uomo come la creatura più evoluta tra quelle che vivono sulla Terra, anche se spesso si comporta indegnamente rispetto a questo stato. Se occupa questa posizione privilegiata, è perché possiede la coscienza di sé e il libero arbitrio. È dunque in grado di pensare e di orientare la sua esistenza con le proprie scelte. Crediamo inoltre che ogni essere umano sia una cellula elementare di un unico e medesimo corpo, quello dell’Umanità intera. In virtù di tale principio, la nostra concezione dell’Umanesimo consiste nel dire che tutti gli uomini dovrebbero avere i medesimi diritti, beneficiare del medesimo rispetto e godere della stessa libertà, e questo, a prescindere dal paese in cui sono nati e da quello in cui vivono.

Quanto al nostro concetto di Spiritualità, esso si basa da un lato sulla convinzione che Dio esiste in quanto Intelligenza assoluta che ha creato l’Universo e tutto ciò che esso contiene e dall’altro sulla certezza che l’Uomo possiede un’anima che emana da Lui. Meglio ancora, noi pensiamo che Dio si manifesti in tutta la Creazione attraverso delle leggi che l’Uomo deve studiare, comprendere e rispettare per la sua più grande gioia. Riteniamo infatti che l’Umanità evolva verso la comprensione del Piano divino e che sia destinata a creare sulla Terra una Società ideale. Questo umanesimo spiritualista potrà sembrare utopico, ma ci uniamo a Platone, che nella Repubblica dichiarò: “L’Utopia è la forma di Società ideale. Forse è impossibile realizzarla sulla Terra, ma è in essa che un saggio deve riporre tutte le sue speranze” .

In questo periodo di transizione della Storia, la Rigenerazione dell’Umanità ci sembra più che mai possibile a causa della convergenza delle coscienze, della generalizzazione degli scambi internazionali, dell’estensione dell’incrocio culturale, della mondializzazione dell’informazione, nonché dell’interdisciplinarietà che esiste oramai tra i vari rami del sapere. Noi pensiamo però che tale Rigenerazione, che deve aver luogo sia sul piano individuale sia su quello collettivo, possa essere realizzata solo privilegiando l’eclettismo e il suo corollario: la tolleranza. In effetti, nessuna istituzione politica, nessuna religione, nessuna filosofia, nessuna scienza, detiene il monopolio della Verità. È tuttavia possibile avvicinarsene mettendo in comune quanto esse hanno di più nobile da offrire agli uomini, cosa che equivale a cercare l’unità attraverso la diversità.

Prima o poi, le vicissitudini dell’esistenza portano l’Uomo ad interrogarsi sulla ragione della sua presenza sulla Terra. Questa ricerca di una giustificazione è naturale, giacché fa parte integrante dell’anima umana e costituisce il fondamento della sua evoluzione. D’altra parte, gli avvenimenti che costellano la Storia non si giustificano per il solo fatto che esistono; postulano una ragione ad essi esterna. Pensiamo che tale ragione sia a sua volta inclusa in un processo spirituale che spinge l’Uomo ad interrogarsi sui misteri della vita, da cui il suo interesse, prima o poi, per il misticismo e la “ricerca della Verità”. Se tale ricerca è naturale, aggiungiamo che l’Uomo è spinto alla speranza e all’ottimismo da un’ingiunzione della sua natura divina e da un istinto biologico di sopravvivenza. Da questo punto di vista, l’aspirazione alla trascendenza appare come un’esigenza vitale della specie umana.

 

A proposito della politica, pensiamo che essa debba necessariamente rinnovarsi. Tra i grandi modelli del XX secolo, il marxismo-leninismo e il nazionalsocialismo, fondati su postulati sociali considerati definitivi, hanno portato ad una regressione della ragione ed infine alla barbarie. I determinismi relativi a queste due ideologie totalitarie si sono fatalmente scontrati col bisogno di autodeterminazione dell’Uomo, tradendo così il suo diritto alla libertà e scrivendo al contempo alcune delle pagine più nere della Storia. E la Storia le ha squalificate entrambe, ci auguriamo per sempre. Checché se ne pensi, i sistemi politici fondati su un monologismo, vale a dire su un unico pensiero, hanno spesso in comune il fatto di imporre all’Uomo una ‘dottrina della salvezza’ che si ritiene possa liberarlo dalla sua condizione imperfetta ed elevarlo ad uno stato ‘paradisiaco’. D’altra parte, la maggior parte di essi non chiedono al cittadino di riflettere bensì di credere, cosa che le fa assomigliare a delle ‘religioni laiche’.

Al contrario, le correnti di pensiero come il Rosacrocianesimo non sono monologiche, bensì dialogiche e pluraliste. In altri termini, esse incoraggiano al dialogo con gli altri e favoriscono le relazioni umane. Parallelamente, accettano la pluralità di opinioni e la diversità dei comportamenti. Tali correnti si nutrono dunque di scambi, di interazioni e anche di contraddizioni, cosa che le ideologie totalitarie proibiscono e si proibiscono. È d’altronde per questa ragione che il Pensiero rosacrociano è sempre stato rifiutato dai totalitarismi, qualunque ne fosse la natura. Fin dalle sue origini, la nostra Fraternità proclama il diritto di forgiarsi liberamente le proprie idee e di esprimerle con la massima libertà. Da questo punto di vista, i Rosa-Croce non sono necessariamente dei liberi pensatori, ma sono tutti dei pensatori liberi.

Allo stato attuale del mondo, ci sembra che la democrazia resti la migliore forma di governo, cosa che non esclude certe debolezze. In effetti, dato che ogni democrazia autentica si basa sulla libertà d’opinione e d’espressione, vi si trova generalmente una pluralità di tendenze, tanto tra i governanti che tra i governati. Purtroppo, tale pluralità genera spesso la divisione, con tutti i conflitti che ne derivano. La maggior parte degli Stati democratici manifesta infatti degli schieramenti che si oppongono continuamente e in modo pressoché sistematico. Queste divisioni politiche, che gravitano il più delle volte intorno ad una maggioranza e ad un’opposizione, non ci sembrano più idonee alle società moderne e frenano la Rigenerazione dell’Umanità. L’ideale in materia sarebbe che ogni nazione favorisse l’ascesa di un governo che riunisse, una volta fuse tutte le tendenze, le personalità più adatte a condurre gli affari dello Stato. Per estensione, auspichiamo che un giorno veda la luce un Governo mondiale, che sia rappresentativo di tutte le nazioni e di cui l’O.N.U. non è altro che un embrione.

 

A proposito dell’economia, pensiamo che sia in piena deriva. Chiunque può constatare che essa condiziona sempre di più l’attività umana, e che è sempre più normativa. Ai giorni nostri assume la forma di reti strutturate assai influenti, e quindi dirigiste, a prescindere dalle apparenze. D’altra parte, essa funziona più che mai a partire da valori determinati che si vogliono quantificabili: costo della produzione, soglia di rendimento, valutazione del profitto, durata del lavoro, ecc. Questi valori sono consustanziali al sistema economico attuale e gli forniscono i mezzi per raggiungere i fini che persegue. Tali fini sono purtroppo fondamentalmente materialisti, perché basati sul profitto e l’arricchimento ad oltranza. In questo modo si è giunti a mettere l’Uomo al servizio dell’economia, mentre è l’economia che dovrebbe essere messa al servizio dell’Uomo.

Ai nostri giorni, tutte le nazioni sono tributarie di un’economia mondiale che si può qualificare come ‘totalitaria’. Questo totalitarismo economico non risponde ai bisogni più elementari di centinaia di milioni di persone, mentre le masse monetarie non sono mai state così colossali sul piano mondiale. Ciò significa che le ricchezze prodotte dagli uomini giovano solo ad una minoranza, cosa che deploriamo. Constatiamo infatti che il divario tra i paesi più ricchi ed i paesi più poveri aumenta incessantemente. Si può osservare lo stesso fenomeno all’interno di ciascun paese, tra i più poveri ed i più favoriti. Pensiamo che ciò avvenga perché l’economia è divenuta troppo speculativa ed alimenta mercati ed interessi più virtuali che reali.

È evidente che l’economia svolgerà il suo compito solo quando sarà messa al servizio di tutti gli uomini. Il che presuppone che si arrivi a considerare il denaro per quello che deve essere, ossia un mezzo di scambio e un’energia destinata a procurare a ciascuno ciò di cui ha bisogno per vivere felice sul piano materiale. Siamo infatti convinti che l’Uomo non sia destinato alla povertà e ancor meno alla miseria, ma al contrario che debba disporre di tutto quello che può contribuire al suo benessere, per poter elevare la sua anima in tutta tranquillità verso piani di coscienza superiori. In senso assoluto, l’economia dovrebbe essere utilizzata in modo che non ci siano più poveri e che ogni persona viva in buone condizioni materiali, perché questo è il fondamento della dignità umana. La povertà non è una fatalità; non è neanche l’effetto di un Decreto divino. In generale, è il risultato dell’egoismo degli uomini. Speriamo dunque che verrà il giorno in cui l’economia sarà fondata sulla condivisione e la considerazione del bene comune. Ciò nonostante, le risorse della Terra non sono inesauribili e non possono essere distribuite all’infinito, ragion per cui occorrerà certamente regolare le nascite, soprattutto nei paesi sovrappopolati.

 

A proposito della scienza, pensiamo che sia giunta ad una fase particolarmente critica. Non si può certo negare che sia notevolmente evoluta e che abbia permesso all’Umanità di compiere progressi considerevoli. Senza di essa, gli uomini sarebbero ancora all’età della pietra. Ma laddove la civiltà greca aveva elaborato una concezione qualitativa della ricerca scientifica, il XVII secolo ha provocato un vero e proprio sisma instaurando la supremazia del quantitativo, cosa questa da ricollegarsi all’evoluzione dell’economia. Il meccanicismo, il razionalismo, il positivismo, etc. hanno fatto della coscienza e della materia due settori ben distinti e hanno ridotto ogni fenomeno ad un’entità misurabile e sprovvista di soggettività. Il ‘come’ ha eliminato il ‘perché’. Sebbene sia innegabile che le ricerche intraprese nel corso degli ultimi decenni hanno portato a scoperte importanti, sembra tuttavia che l’elemento finanziario abbia avuto la meglio sul resto. E siamo giunti attualmente al culmine del materialismo scientifico.

Ci siamo resi schiavi della scienza, invece di assoggettarla alla nostra volontà. Dei semplici guasti tecnologici oggi sono in grado di mettere in pericolo le società più avanzate. Questo dimostra che l’Uomo ha creato uno squilibrio tra il qualitativo e il quantitativo, ma anche tra se stesso e ciò che crea. I fini materialisti che persegue ai giorni nostri attraverso la ricerca scientifica hanno finito per fuorviarne lo spirito. Parallelamente, l’hanno allontanato dalla sua anima e da quanto c’è di più divino in lui. Questa razionalizzazione eccessiva della scienza è un pericolo reale che minaccia l’Umanità a medio e forse a breve termine. In effetti, ogni società in cui la materia domina la coscienza sviluppa quanto c’è di meno nobile nella natura umana. Perciò si condanna a scomparire prematuramente e in circostanze spesso tragiche.

In una certa misura, la scienza è diventata una religione, ma una religione materialista, il che è paradossale. Basata su una concezione meccanicista dell’Universo, della Natura e dell’Uomo stesso, essa possiede il suo proprio credo - ‘Credere soltanto a ciò che si vede’, e il suo proprio dogma - ‘Nessuna verità al di fuori della scienza’. Detto questo, dobbiamo però osservare che le ricerche che conduce sul come delle cose la portano sempre più ad interrogarsi sul perché, al punto che prende coscienza a poco a poco dei suoi limiti ed in questo inizia a raggiungere il misticismo. Alcuni scienziati, a dire il vero ancora rari, sono giunti persino a porre l’esistenza di Dio come postulato. Occorre notare che la scienza e il misticismo erano assai legati nell’Antichità, tanto che gli scienziati erano mistici, e viceversa. È proprio alla riunificazione di queste due vie di conoscenza che bisognerà lavorare nel corso dei prossimi decenni.

È divenuto necessario ripensare la questione del sapere. Qual è, per esempio, il senso reale della riproducibilità di un’esperienza? Una proposizione che non si verifica in tutti i casi è necessariamente falsa ? Ci sembra urgente oltrepassare il dualismo razionale del XVII secolo, perché è in tale superamento che risiede la vera conoscenza. In quest’ordine di idee, il fatto di non poter dimostrare l’esistenza di Dio non è sufficiente per affermare che Egli non esiste. La verità può avere più volti; considerarne uno solo in nome della razionalità è un insulto alla ragione. D’altronde, si può parlare davvero di razionale o di irrazionale ? La scienza stessa, che crede al caso, è razionale? Ci sembra infatti molto più irrazionale crederci che non crederci. A questo proposito, dobbiamo dire che la nostra Fraternità si è sempre opposta alla concezione comune del caso, che essa considera una soluzione di facilità e una rinuncia di fronte al reale. Nel caso vediamo ciò che ne ha detto Albert Einstein, ossia “la Via che Dio usa quando vuole restare anonimo”.

L’evoluzione della scienza pone dei nuovi problemi anche sui piani etico e metafisico. Se è innegabile che le ricerche in genetica hanno consentito di compiere grandi progressi nel trattamento di malattie a priori incurabili, è altrettanto vero che esse hanno aperto la strada a manipolazioni che permettono di creare degli esseri umani per clonazione. Questo genere di procreazione può solo portare ad un impoverimento genetico della specie umana e alla degenerazione di quest’ultima. Essa presuppone inoltre dei criteri di selezione inevitabilmente permeati di soggettività e presenta di conseguenza dei rischi in materia di eugenetica. D’altronde, la riproduzione per clonazione tiene conto solo della parte fisica e materiale dell’essere umano, senza preoccuparsi dello spirito o dell’anima. Per questo, riteniamo che la manipolazione genetica costituisca una minaccia non solo per la dignità dell’uomo, ma anche per la sua integrità mentale, psichica e spirituale. Da questo punto di vista, non possiamo che sottoscrivere l’adagio “Scienza senza coscienza è solo rovina dell’anima”. L’appropriazione dell’Uomo da parte dell’Uomo non ha lasciato che tristi ricordi nella Storia. Ci sembra dunque pericoloso dar libero corso alla sperimentazione concernente la clonazione dell’essere umano in particolare e degli esseri viventi in generale. Nutriamo i medesimi timori a proposito delle manipolazioni relative al patrimonio genetico degli animali e dei vegetali.

 

A proposito della tecnologia, constatiamo che anch’essa è in piena mutazione. Da sempre gli uomini hanno cercato di costruire degli utensili e delle macchine per migliorare le loro condizioni di vita ed essere più efficaci nel loro lavoro. Nel suo aspetto più positivo, questo desiderio aveva alla base tre scopi principali: permettere loro di realizzare cose che non potevano fare con le sole mani; risparmiare loro pena e fatica; guadagnare tempo. Occorre inoltre notare che per secoli, per non dire millenni, la tecnologia fu utilizzata soltanto per aiutare l’Uomo in lavori manuali e in attività fisiche, mentre al giorno d’oggi essa l’assiste anche sul piano intellettuale. D’altra parte, si è a lungo limitata a procedimenti meccanici che richiedevano l’intervento diretto dell’Uomo e che non danneggiavano per nulla, o solo in minima parte, l’ambiente.

La tecnologia è oramai onnipresente e costituisce il cuore delle società moderne, tanto che è diventata quasi indispensabile. Le sue applicazioni sono molteplici ed include ormai procedimenti meccanici, elettrici, elettronici, informatici, etc. Purtroppo, ogni medaglia ha il suo rovescio, e le macchine sono diventate un pericolo per l’Uomo stesso. Infatti, sebbene fossero destinate idealmente ad aiutarlo ed a risparmiargli dolore, sono giunte a sostituirlo. Non si può d’altronde negare che lo sviluppo progressivo della meccanizzazione ha provocato una certa disumanizzazione della società, nel senso che ha ridotto considerevolmente i contatti umani, vale a dire i contatti fisici e diretti. A questo si aggiungono tutte le forme di inquinamento generato in molti campi dall’industrializzazione.

Il problema posto attualmente dalla tecnologia proviene dal fatto che è evoluta molto più velocemente della coscienza umana. Riteniamo dunque che essa debba urgentemente rompere col modernismo attuale e divenire un’operatrice di umanesimo. Per far questo, è indispensabile ricollocare l’Uomo al centro della vita sociale, il che, in conformità a quanto abbiamo detto a proposito dell’economia, implica che la macchina venga rimessa al suo servizio. Tale prospettiva richiede una totale rimessa in discussione dei valori materialisti che condizionano la società attuale. Ciò presuppone di conseguenza che tutti gli uomini si ricentrino su se stessi e comprendano infine che occorre privilegiare la qualità della vita e cessare questa corsa sfrenata contro il Tempo. Ciò sarà possibile solo se impareranno di nuovo a vivere in armonia, non solo con la Natura, ma anche con se stessi. L’ideale sarebbe che la tecnologia evolvesse in modo tale da liberare l’Uomo dai compiti più penosi pur consentendogli di svilupparsi armoniosamente a contatto con gli altri.

 

A proposito delle grandi religioni, pensiamo che esse manifestino attualmente due movimenti opposti: uno centripeto, l’altro centrifugo. Il primo consiste in una pratica radicale che si può osservare sotto forma di integralismo, tra gli altri all’interno del Cristianesimo, del Giudaismo, dell’Islam o dell’Induismo. Il secondo si traduce nell’abbandono del loro credo in generale e dei loro dogmi in particolare. L’individuo non accetta più di restare alla periferia di un sistema di credenze, neanche di quello di una religione cosiddetta rivelata. Vuole ormai collocarsi al centro di un sistema di pensiero nato dalla esperienza personale. Da questo punto di vista, l’accettazione dei dogmi religiosi non è più automatica. I credenti hanno acquisito un certo senso critico nei confronti delle questioni religiose, e la validità delle loro convinzioni corrisponde sempre più ad un’autoconvalida. Laddove il bisogno di Spiritualità ha prodotto nel passato alcune religioni aventi una forma arborescente (quella di un albero ben radicato nel proprio terreno socio-culturale, che esse hanno d’altronde contribuito ad arricchire), esso assume ai giorni nostri la forma di una struttura a rizoma, fatta di arbusti molteplici e svariati. Ma lo Spirito non soffia forse dove vuole ?

Ai nostri giorni appaiono, a margine o al posto delle grandi religioni, dei gruppi di affinità, delle comunità di idee o dei movimenti di pensiero, all’interno dei quali le dottrine, più proposte che imposte, vengono accettate per adesione volontaria. A prescindere dalla natura intrinseca di tali comunità, di tali gruppi o di tali movimenti, la loro moltiplicazione traduce una diversificazione della ricerca spirituale. In linea generale, riteniamo che questa diversificazione sia dovuta al fatto che le grandi religioni, che noi rispettiamo in quanto tali, non detengono più il monopolio della fede. Questo avviene poiché esse rispondono sempre meno agli interrogativi dell’Uomo e non lo soddisfano più sul piano interiore. Forse è anche perché si sono allontanate dalla Spiritualità. Quest’ultima, sebbene immutabile in essenza, cerca costantemente di esprimersi attraverso veicoli sempre più consoni all’evoluzione dell’Umanità.

La sopravvivenza delle grandi religioni dipende più che mai dalla loro capacità di rinunciare alle credenze e alle posizioni più dogmatiche che hanno adottato nel corso dei secoli, sia sul piano morale che su quello dottrinale. Per continuare ad esistere, devono necessariamente adattarsi alla società. Se non tengono conto dell’evoluzione delle coscienze e dei progressi della scienza, si condannano a scomparire in tempi più o meno lunghi, non senza provocare ulteriori conflitti etnico-socio-religiosi. Di fatto presumiamo che la loro scomparsa sia ineluttabile e che sotto l’effetto della mondializzazione delle coscienze daranno vita ad una Religione universale che integrerà quanto avevano di meglio da offrire all’Umanità per la sua Rigenerazione. Pensiamo d’altronde che il desiderio di conoscere le leggi divine, vale a dire le leggi naturali, universali e spirituali, soppianterà prima o poi il semplice bisogno di credere in Dio. A questo proposito, postuliamo che un giorno la credenza cederà il posto alla Conoscenza.

 

A proposito della morale, termine divenuto ormai equivoco, vediamo come essa sia sempre meno considerata. Per noi, essa non designa la cieca obbedienza a regole (per non dire dogmi) sociali, religiose, politiche o d’altro tipo. Eppure è proprio così che molti dei nostri concittadini percepiscono oggi la morale, da cui il suo attuale rifiuto. Riteniamo piuttosto che essa si riferisca al rispetto che ogni individuo dovrebbe avere nei confronti di se stesso, degli altri e dell’ambiente. Il rispetto per se stessi consiste nel vivere in conformità con le proprie idee e nel non permettersi dei comportamenti che si condannano negli altri. Il rispetto altrui consiste semplicemente nel non fare al nostro prossimo ciò che non vorremmo fosse fatto a noi, cosa che ci hanno insegnato tutti i saggi del passato. Quanto al rispetto dell’ambiente, osiamo dire che è spontaneo: rispettare la natura e preservarla per le generazioni future. Vista sotto quest’angolatura, la morale implica un equilibrio tra i diritti e i doveri di ognuno, il che le dà una dimensione umanista priva di moralismo.

La morale, nel senso che abbiamo appena definito, pone il problema complessivo dell’educazione. Questa ci sembra in pericolo. La maggior parte dei genitori ha rinunciato a svolgere il suo compito oppure non ha più i punti di riferimento necessari per educare correttamente i figli. Molti scaricano il problema sugli insegnanti per sopperire a tale carenza. Ma il compito di un insegnante non è forse e innanzi tutto quello di istruire, vale a dire di trasmettere delle conoscenze? L’educazione dovrebbe invece consistere piuttosto nel trasmettere valori civici ed etici. A questo proposito, condividiamo l’idea di Socrate, che vedeva in essa “l’arte di risvegliare le virtù dell’anima”, quali l’umiltà, la generosità, l’onestà, la tolleranza, la benevolenza, ecc. A prescindere da qualsiasi considerazione di ordine spirituale, pensiamo che siano queste le virtù che i genitori, e in generale gli adulti, dovrebbero inculcare ai figli. Naturalmente questo implica che essi, se non le hanno a loro volta acquisite, abbiano almeno coscienza della necessità di acquisirle.

Saprete certamente che i Rosa-Croce del passato praticavano l’alchimia materiale, che consisteva nel trasmutare in oro i metalli vili, in modo particolare lo stagno e il piombo. Spesso si ignora però che essi si dedicavano anche all’alchimia spirituale. Noi, Rosa-Croce dei tempi presenti, diamo la priorità a questa forma di alchimia, perché è di essa che il mondo ha più che mai bisogno. Essa consiste, per ogni essere umano, nel trasmutare ciascuno dei propri difetti nella sua qualità opposta, allo scopo, appunto, di acquisire le virtù a cui abbiamo fatto poc’anzi riferimento. Pensiamo infatti che siano queste le virtù che fanno la dignità umana, poiché l’Uomo è degno del suo stato solo se le esprime attraverso ciò che pensa, dice e fa. Non c’è dubbio che se tutti gli individui, a prescindere dalle loro credenze religiose, dalle loro idee politiche o altro, facessero lo sforzo di acquisirle, il mondo sarebbe migliore. L’Umanità perciò, può e deve rigenerarsi, ma perché questo si verifichi è necessario che ogni essere umano rigeneri se stesso anche sul piano morale.

 

A proposito dell’arte, pensiamo che essa abbia subito nei secoli passati, e in modo particolare negli ultimi decenni, un movimento di intellettualizzazione che l’ha condotta verso un’astrazione sempre maggiore. Questo processo ha diviso l’arte in due correnti opposte: un’arte elitaria e un’arte popolare. L’arte elitaria è quella che si esprime attraverso l’astratto e la cui comprensione è perlopiù limitata a coloro che si dicono o che sono considerati iniziati. Per reazione naturale, l’arte popolare si oppone a tale tendenza rafforzando il suo modo di tradurre il concreto, talvolta in maniera eccessivamente figurativa. Ma per quanto possa sembrare paradossale, entrambe si immergono sempre più profondamente nella materia, tanto è vero che gli estremi si toccano. L’arte è dunque divenuta strutturalmente ed ideologicamente materialista, ad immagine della maggior parte dei settori dell’attività umana. Ai nostri giorni, essa traduce più le pulsioni dell’ego che le aspirazioni dell’anima, cosa che deploriamo.

Crediamo che l’arte veramente ispirata consista nel tradurre sul piano umano la bellezza e la purezza del Piano divino. Il rumore perciò, non è musica; lo scarabocchio non è pittura; la frantumazione di pietre non è scultura; la disinibizione non è danza. Quando non sono effetto di mode passeggere, queste espressioni sono dei mezzi di espressione che traducono un messaggio sociologico che sarebbe errato trascurare. Naturalmente si possono apprezzare, ma ci sembra inopportuno considerarli ‘artistici’. Per partecipare alla Rigenerazione dell’Umanità, pensiamo che le arti debbano trarre la loro ispirazione dagli archetipi naturali, universali e spirituali. Questo implica che gli artisti si elevino verso tali archetipi, invece di discendere verso gli stereotipi più comuni. Parallelamente, è assolutamente necessario che le arti si diano una finalità estetica. Queste sono per noi le due condizioni principali da soddisfare perché contribuiscano realmente all’elevazione delle coscienze e siano l’espressione umana dell’Armonia cosmica.

 

A proposito delle relazioni dell’Uomo coi suoi simili, pensiamo che esse siano sempre più basate sull’interesse e che lascino sempre meno posto all’altruismo. È vero che ci sono slanci di solidarietà, ma essi si verificano il più delle volte occasionalmente, durante le catastrofi (inondazioni, tempeste, terremoti, ecc.). In tempi ordinari, nei comportamenti predomina il concetto del ‘ciascuno per sé’. Secondo noi, quest’ascesa dell’individualismo è ancora una volta una conseguenza del materialismo eccessivo che imperversa attualmente nelle società moderne. Ciononostante, l’isolamento che ne deriva dovrebbe prima o poi finire per generare il desiderio e il bisogno di riallacciare il contatto con l’altro. Si può d’altronde sperare che tale solitudine porti ogni individuo ad interiorizzarsi maggiormente e ad aprirsi finalmente alla Spiritualità.

Anche la generalizzazione della violenza ci sembra assai preoccupante. È vero che è sempre esistita, ma essa si esprime sempre di più nei comportamenti individuali. Cosa ancora più grave, si manifesta sempre più presto. In questo inizio del XXI secolo, capita che un bambino ne uccida un altro senza rimorsi apparenti. A questa violenza effettiva si aggiunge una violenza fittizia che ha invaso gli schermi cinematografici e televisivi. La prima ispira la seconda e la seconda nutre la prima, creando un circolo vizioso che è ora di spezzare. A questo proposito, se è innegabile che la violenza ha cause molteplici (miseria sociale, frantumazione della famiglia, desiderio di vendetta, bisogno di dominio, senso di ingiustizia, etc.), resta il fatto che il suo fattore più scatenante non è altro che la violenza stessa. È evidente che tale cultura della violenza è dannosa e non può essere costruttiva, tanto più che per la prima volta nella Storia conosciuta l’Umanità ha i mezzi per autodistruggersi su scala planetaria.

Paradosso dei tempi moderni, constatiamo peraltro che nell’era della comunicazione gli individui non comunicano praticamente più. I membri della stessa famiglia non dialogano più tra loro, occupati come sono ad ascoltare la radio, a guardare la televisione o a navigare su Internet. La medesima constatazione si impone su un piano più generale: la telecomunicazione soppianta la comunicazione propriamente detta. Così facendo, lascia l’Uomo in grande solitudine e rafforza l’individualismo di cui abbiamo precedentemente parlato. Non ci si fraintenda: l’individualismo, in quanto diritto naturale a vivere in modo autonomo e responsabile non ci sembra affatto condannabile, al contrario. Ma che esso divenga un modo di vita basato sulla negazione dell’altro ci sembra particolarmente grave, perché contribuisce alla disgregazione dell’ambiente familiare e del tessuto sociale.

Per quanto possa sembrare contraddittorio, pensiamo che la mancanza di comunicazione attuale tra i nostri concittadini derivi in parte da un eccesso di informazione. Non si tratta naturalmente di rimettere in discussione il dovere di informare e il diritto di essere informati, poiché sono entrambi i pilastri di ogni autentica democrazia. Ci sembra tuttavia che l’informazione sia diventata al contempo eccessiva ed invadente, al punto di generare il suo opposto: la disinformazione. Deploriamo altresì che essa si focalizzi innanzi tutto sulla precarietà della condizione umana e metta così tanto in risalto gli aspetti negativi del comportamento umano. Così facendo, nutre nella migliore delle ipotesi il pessimismo, la tristezza e la disperazione; nella peggiore, il sospetto, la divisione e il rancore. Se è legittimo mostrare le brutture del mondo, è nondimeno nell’interesse di tutti rivelare ciò che ne fa la bellezza. Più che mai il mondo ha bisogno di ottimismo, di speranza e di unità.

La comprensione dell’Uomo da parte dell’Uomo costituirebbe un progresso considerevole, ancora più radicale dello sviluppo scientifico e tecnologico che ha conosciuto il XX secolo. È la ragione per cui ogni società deve favorire l’incontro diretto tra i suoi membri, ma anche aprirsi al mondo. A questo proposito, difendiamo la causa di una Fraternità umana che faccia di ogni individuo un Cittadino del mondo, il che presuppone di porre fine a qualsiasi discriminazione o segregazione d’ordine razziale, etnico, sociale, religioso, politico o altro. Si tratta infine di lavorare per l’avvento di una Cultura della Pace, fondata sull’integrazione e la cooperazione, cosa a cui i Rosacrociani si sono sempre adoperati. Dato che l’Umanità è una in essenza, la sua felicità è possibile solo se si favorisce quella di tutti gli uomini, senza eccezione.

 

A proposito delle relazioni dell’Uomo con la Natura, pensiamo che esse non siano mai state nel complesso così cattive. Chiunque può constatare che l’attività umana ha effetti sempre più nocivi e degradanti sull’ambiente. È evidente, tuttavia, che la sopravvivenza della specie umana dipende dalla sua capacità di rispettare gli equilibri naturali. Lo sviluppo della Civiltà ha generato molti pericoli in seguito a manipolazioni biologiche relative all’alimentazione, all’utilizzo su ampia scala di agenti inquinanti, all’accumulo mal controllato delle scorie nucleari, per non citare che alcuni dei rischi più importanti. La protezione della Natura, e dunque la salvaguardia dell’Umanità, è diventata una questione di cittadinanza, mentre prima riguardava solo gli specialisti. Inoltre, essa si pone oramai su un piano mondiale. Questo è tanto più importante ora che il concetto stesso di Natura è cambiato e che l’Uomo si trova ad esserne il beneficiario: oggi non si può più parlare di “Natura in sé”. La Natura sarà dunque ciò che l’Uomo vorrà che essa sia.

Una delle caratteristiche dell’epoca attuale è il suo grande consumo di energia. Il fenomeno non sarebbe di per sé inquietante se fosse gestito con intelligenza. Ma osserviamo che le risorse naturali sono sovrautilizzate e si esauriscono gradualmente (carbone, gas, petrolio). D’altronde, alcune fonti di energia (centrali nucleari) presentano dei rischi importanti che è molto difficile padroneggiare. Osserviamo altresì che, malgrado i recenti tentativi di accordo, certi pericoli, come l’emissione di gas ad effetto serra, la desertificazione, la deforestazione, l’inquinamento degli oceani, ecc., non sono oggetto di misure adeguate, per mancanza di volontà sufficiente. A parte il fatto che fanno correre dei rischi assai gravi all’Umanità, queste minacce all’ambiente rispecchiano una grande mancanza di maturità, tanto sul piano individuale che su quello collettivo. Checché se ne dica, pensiamo che le irregolarità climatiche attuali, caratterizzate da tempeste, inondazioni, etc., siano una conseguenza delle aggressioni che gli uomini da troppo tempo infliggono al nostro pianeta.

È evidente che non mancherà di imporsi in modo sempre più cruciale in futuro un altro problema importante: quello dell’acqua. Essa è un elemento indispensabile per il mantenimento e lo sviluppo della vita. Sotto una forma o l’altra, tutti gli esseri viventi ne hanno bisogno. L’Uomo non fa eccezione a questa legge naturale, se non altro perché il suo corpo ne è costituito al 70%. L’accesso all’acqua dolce è oggi limitato per circa un abitante del globo su sei, proporzione che rischia di arrivare ad uno su quattro entro mezzo secolo, a causa dell’aumento della popolazione mondiale e dell’inquinamento dei fiumi e dei corsi d’acqua. Gli esperti più qualificati concordano oggi nel dire che l’oro bianco sarà, più dell’oro nero, la posta in gioco di questo secolo, con tutti i rischi di conflitti che ciò presuppone. Si impone altresì una presa di coscienza globale di questo problema.

L’inquinamento dell’aria comporta inoltre dei rischi importanti per la vita in generale, e per la specie umana in particolare. L’industria, il riscaldamento e i trasporti contribuiscono alla degradazione della sua qualità ed inquinano l’atmosfera, fonte di rischi per la salute pubblica. Le zone urbane sono quelle più toccate da questo fenomeno, che minaccia dunque di amplificarsi in concomitanza con l’urbanizzazione. In quest’ordine d’idee, l’ipertrofia delle città costituisce un pericolo non trascurabile per l’equilibrio delle società. A proposito della loro crescita, adottiamo l’opinione che Platone, a cui abbiamo già fatto riferimento, espresse alla sua epoca: “La città può estendersi fino al punto in cui, anche ingrandita, conserva la sua unità, ma non ulteriormente”. Il gigantismo non può favorire l’umanesimo, nel senso in cui l’abbiamo definito. Determina necessariamente delle lacerazioni all’interno delle grandi città e genera il malessere e l’insicurezza.

Anche il comportamento dell’Uomo nei confronti degli animali fa parte delle sue relazioni con la Natura. Egli ha il dovere di amarli e rispettarli. Tutti fanno parte della catena della vita, così come si manifesta sulla Terra, e tutti sono agenti dell’Evoluzione. Al loro livello, sono anch’essi veicoli dell’Anima divina e partecipano al Piano divino. Arriviamo addirittura a pensare che i più evoluti tra loro siano degli uomini in divenire. Per tutte queste ragioni, troviamo indegne le condizioni in cui sono allevati ed abbattuti molti animali. Quanto alla vivisezione, vediamo in essa un atto di barbarie. In linea generale, riteniamo che la fraternità debba includere tutti gli esseri che la vita ha messo al mondo. Condividiamo perciò le seguenti affermazioni attribuite a Pitagora: “Finché gli uomini continueranno a distruggere senza pietà gli esseri viventi dei regni inferiori, non conosceranno né la salute né la pace. Finché massacreranno gli animali, si uccideranno a vicenda. In effetti, chi semina l’assassinio e il dolore, non può raccogliere la gioia e l’amore”.

 

A proposito delle relazioni dell’Uomo con l’Universo, pensiamo che esse siano fondate sull’interdipendenza. Poiché l’Uomo è figlio della Terra e la Terra è figlia dell’Universo, ne consegue che l’Uomo è figlio dell’Universo. Gli atomi che compongono il corpo umano provengono dunque dalla Natura e fanno parte del Cosmo, il che fa dire agli astrofisici che ‘l’Uomo è figlio delle stelle’. Ma se l’Uomo è debitore nei confronti dell’Universo, anche l’Universo deve molto all’Uomo: non la sua esistenza, certo, ma la sua ragione d’essere. Che sarebbe infatti l’Universo se gli occhi dell’Uomo non potessero contemplarlo, se la sua coscienza non potesse abbracciarlo, se la sua anima non potesse riflettervisi? In realtà, l’Universo e l’Uomo hanno bisogno l’uno dell’altro per conoscersi e addirittura per riconoscersi, cosa che ricorda il celebre adagio: ‘Conosci te stesso, e conoscerai l’Universo e gli Dei’.

Non bisogna tuttavia trarre la conclusione che la nostra concezione della Creazione sia antropocentrica. Non facciamo infatti dell’Uomo il centro del Piano divino. Diciamo piuttosto che facciamo dell’Umanità il centro delle nostre preoccupazioni. Secondo noi, la sua presenza sulla Terra non è frutto del caso o del concorso delle circostanze. È la conseguenza di un’Intenzione che ha origine in quell’Intelligenza universale che si chiama comunemente Dio. Se Dio, a causa della Sua Trascendenza, è incomprensibile ed inintelligibile, ciò non è valido per le leggi attraverso le quali Egli si manifesta nella Creazione. Come abbiamo già ricordato, l’Uomo ha il potere, se non il dovere, di studiare queste leggi e di applicarle per il suo benessere materiale e spirituale. Pensiamo anche che in tale studio e in tale applicazione risiedano non solo la sua ragion d’essere, ma anche la sua gioia.

Le relazioni dell’Uomo con l’Universo pongono anche il problema di stabilire se la vita esiste altrove al di fuori della Terra. Noi ne siamo convinti. Dato che l’Universo conta circa cento miliardi di galassie e ciascuna galassia circa cento miliardi di stelle, esistono probabilmente milioni di sistemi solari paragonabili al nostro. Di conseguenza, pensare che solo il nostro pianeta sia abitato ci sembra assai riduttivo e costituisce una forma di egocentrismo. Tra le forme di vita che popolano altri mondi, alcune sono probabilmente più evolute di quelle esistenti sulla Terra, altre meno. Ma fanno tutte parte del medesimo Piano divino e partecipano all’Evoluzione cosmica. Quanto al fatto di sapere se degli extraterrestri siano suscettibili di contattare la nostra Umanità, noi lo pensiamo, ma non ne facciamo l’oggetto di alcuna attesa. Abbiamo altre priorità. Ciò nonostante, il giorno in cui si verificherà tale contatto, perché si verificherà, costituirà un avvenimento senza precedenti. La Storia dell’Uomo si fonderà infatti con quella della Vita universale...

 

Epilogo


Caro lettore,

ecco cosa desideravamo dirLe attraverso questo Manifesto. Le è forse sembrato allarmistico? Stia tuttavia certo che, per la nostra stessa filosofia, siamo al contempo idealisti ed ottimisti, poiché abbiamo fiducia nell’Uomo e nel suo destino. Se si considera ciò che ha creato di più utile e di più bello nel campo della scienza, della tecnologia, dell’architettura, dell’arte, della letteratura o altro, e se si pensa ai sentimenti più nobili che è capace di provare e di esprimere, quali la meraviglia, la compassione, l’amore, ecc., è indubbio che egli possiede in sé qualcosa di divino e che è capace di trascendersi per fare il bene. A questo proposito, pensiamo, a rischio di sembrare ancora una volta utopisti, che l’Uomo abbia il potere di fare della Terra un luogo di pace, di armonia e di fraternità. Dipende solo da lui.

La situazione del mondo attuale non è disperata, ma è preoccupante. Ciò che ci preoccupa maggiormente, non è tanto lo stato dell’Umanità quanto piuttosto quello del nostro pianeta. Pensiamo infatti che il tempo per l’evoluzione spirituale dell’uomo non sia contato. Infatti, dato che la sua anima è immortale, ha in un certo qual modo l’eternità per portare a compimento tale evoluzione. Al contrario, la Terra è realmente minacciata a medio termine, perlomeno in quanto quadro di vita per la specie umana. Il tempo è dunque contato per lei, e riteniamo che la salvaguardia della Terra sia la vera sfida del XXI secolo. È a questo che la politica, l’economia, la scienza, la tecnologia e in generale tutti gli ambiti dell’attività umana dovrebbero consacrarsi. È davvero così difficile comprendere che l’Umanità può trovare la felicità solo se vive in armonia con le leggi naturali e per estensione con le leggi divine? D’altra parte, è così irragionevole ammettere che ha i mezzi per sublimarsi nel suo stesso interesse? Comunque sia, se gli uomini persistono nel materialismo attuale, le profezie più oscure si compiranno e nessuno sarà risparmiato.

Poco importano le idee politiche, le credenze religiose, le convinzioni filosofiche di ciascuno. Non regnano più i tempi della divisione, a prescindere dalla forma assunta, ma quelli dell’unione: l’unione delle differenze al servizio del bene comune. Da questo punto di vista, la nostra Fraternità conta nei suoi ranghi Cristiani, Ebrei, Musulmani, Buddisti, Induisti, Animisti e anche Agnostici. Riunisce anche persone appartenenti a tutte le categorie sociali e rappresentanti tutte le correnti politiche classiche. Gli uomini e le donne vi godono di uno statuto di totale uguaglianza ed ogni membro beneficia delle medesime prerogative. È quest’unità nella diversità che fa la potenza del nostro ideale e del nostro egregore. Se è così, è perché la virtù che amiamo di più è la tolleranza, vale a dire, appunto, il diritto alla differenza. Ciò non fa di noi dei saggi, giacché la saggezza include ben altre virtù. Ci consideriamo piuttosto dei filosofi, vale a dire, letteralmente, degli ‘amanti della saggezza’.

Prima di sigillare questa Positio ed imprimerle cosi il segno della nostra Fraternità, desideriamo chiuderla con un’invocazione che traduce quella che si potrebbe chiamare ‘Utopia rosacrociana’, nel senso platonico del termine. Ci appelliamo alla buona volontà di tutti e di ciascuno, affinché questa Utopia divenga un giorno una realtà, per il più gran bene dell’Umanità. Forse quel giorno non arriverà mai, ma se tutti gli uomini si sforzeranno di crederci ed agiranno di conseguenza, il mondo non potrà essere che migliore.

 

Utopia rosacrociana

 

Dio di tutti gli uomini, Dio di ogni vita,
Nell’Umanità che sogniamo:

  • i politici sono profondamente umanisti ed operano al servizio del bene comune,
  • gli economisti gestiscono le finanze degli Stati con discernimento e nell’interesse di tutti,
  • gli scienziati sono spiritualisti e cercano la loro ispirazione nel Libro della Natura,
  • gli artisti sono ispirati ed esprimono nelle loro opere la bellezza e la purezza del Piano divino,
  • i medici sono animati dall’amore del prossimo e curano sia le anime sia i corpi,
  • non c’è più né miseria né povertà, perché ognuno ha ciò di cui ha bisogno per vivere felice,
  • il lavoro non viene vissuto come una costrizione, ma come una possibilità di sviluppo e di benessere,
  • la natura è considerata il più bello dei templi e gli animali i nostri fratelli in via di evoluzione,
  • esiste un Governo del mondo formato da rappresentanti di tutte le nazioni e che opera nell’interesse di tutta l’Umanità,
  • la spiritualità è un ideale e un modo di vita che trae origine da una Religione universale, fondata più sulla conoscenza delle leggi divine che sulla credenza in Dio,
  • le relazioni umane sono fondate sull’amore, l’amicizia e la fraternità, di modo che il mondo intero vive nella pace e nell’armonia.


Che sia così!

Sigillato il 20 Marzo 2001

rcsm


Anno Rosacrociano 3354