Riflessioni sulla luce
La luce, in quanto fenomeno “materiale”, è parte integrante della nostra vita quotidiana. Quando la sua fonte naturale, e cioè il sole, scompare all’orizzonte e smette di mandare i suoi raggi verso di noi, ricorriamo a fonti di luce artificiale e possiamo così proseguire le nostre attività anche se attorno a noi è scesa la notte. Se le necessità principali dell’uomo sono quelle di respirare, di nutrirsi e di bere, anche ricevere luce è un bisogno importante per svolgere le sue attività e godere pienamente dell’esistenza. Per convincersene, basta pensare alle persone affette da cecità e alle grandi difficoltà che esse incontrano nella vita quotidiana. La luce per loro è un’idea totalmente astratta, tranne per quelli che l’hanno conosciuta prima di diventare ciechi.
Da sempre, la luce è percepita dall’uomo comune come una condizione positiva, e l’oscurità come una condizione negativa. In epoca preistorica gli uomini primitivi temevano la notte, perché li rendeva più vulnerabili ai predatori. Era fonte di angoscia e di inquietudine, perché non c’era mai la certezza che sarebbe finita. Ogni nuovo sorgere del sole veniva accolto con gioia e sollievo. La capacità di accendere un fuoco e di mantenerlo fu la scoperta più rivoluzionaria, perché permise all’uomo oltre che di riscaldarsi e di fare luce, anche di proteggersi meglio. Grazie a questa scoperta poteva prolungare le ore di veglia e cominciare, senza rendersene veramente conto, a seguire il sentiero del “Conosci te stesso”.
Con la nascita delle religioni, inizialmente politeiste e poi monoteiste, la luce iniziò, seppure con nomi diversi, ad essere associata a Dio, concepito allora come un Essere dalle caratteristiche antropomorfiche: nella religione ebraica era chiamata Aor, nel Cristianesimo Lux, nell’Islam En-Nour, nel buddismo Mahabodhi, etc. Quale che sia il termine utilizzato, esprime non solo l’idea dell’Onnipresenza, Onnipotenza e dell’Onniscienza, ma anche quella di bene assoluto. Questo simbolismo è ancora oggi molto presente nelle religioni, il che spiega l’utilizzo di candele e di altri lumi in tutti i luoghi di culto. Anche i rosacrociani li utilizzano nelle loro cerimonie, che si svolgono nelle Logge e nei Pronaoi, in un contesto caratterizzato da spirito mistico e ma non religioso.
Più di tutti gli altri fenomeni, la luce si colloca a metà tra il mondo fisico e il mondo metafisico, tra il mondo materiale e il mondo spirituale. Questo è il motivo per cui è necessaria alla nostra anima tanto quanto al nostro corpo fisico. Così come abbiamo bisogno della luce per svolgere la nostra vita esteriore, essa risponde anche a una esigenza del nostro essere interiore. Quest’ultimo ha necessità di essere illuminato nelle sue riflessioni e nelle sue scelte, affinché siano il più costruttive possibile, per sé e per gli altri. Questo aspetto richiama il problema della cosiddetta “voce della coscienza”, la fonte di luce che tutti abbiamo dentro di noi.
Il legame esistente tra la luce e la dimensione interiore del nostro essere assume un significato pieno grazie al concetto di Illuminazione. Da un punto di vista mistico, il fine ultimo della nostra evoluzione spirituale è in effetti di raggiungere lo stato di Saggezza, e cioè la condizione di Illuminato, come viene chiamata in numerosi testi rosacrociani. Questa condizione, che non può essere raggiunta se non dopo molte vite successive, corrisponde infatti a una fusione tra la coscienza individuale e la Coscienza cosmica. Chiunque realizza tale fusione, anche solo temporaneamente, ha la sensazione di essere stato illuminato dalla Luce divina e di avere una visione chiara e limpida delle cose. Nella letteratura esoterica, si dice che questa persona si è Realizzata.
Serge Toussaint
Gran Maestro della Giurisdizione di Lingua Francese